Rivista per le Medical Humanities

Si tratta di uno «spazio espositivo» che arricchisce mediante illustrazioni ogni numero della rivista. Troverete pubblicati in questa sezione solo una fotografia di ciascun autore e il commento alle immagini proposte all'interno del numero. La pubblicazione integrale del portfolio la riserviamo, infatti, ai lettori e agli abbonati della versione cartacea della nostra rivista.

nota di W. Eugene Smith

Fotografia di W. Eugene Smith



Questo storico reportage che W. Eugene Smith
ha realizzato a Pineville, South Carolina,
nella tarda primavera del 1951 è stato pubblicato
da Life con il titolo «Nurse Midwife, Maude Callen
eases pain of birth, life and death» nel numero
del 3 dicembre dello stesso anno.

Qui presentiamo trentanove immagini,
di cui diciannove non pubblicate nell’articolo
di Life. La citazione è tratta da Jim Hugues,
W. Eugene Smith: Shadow and substance,
the life and work of an American photographer,
McGraw-Hill, New York, 1989, pp. 279-80.
Traduzione di Pablo a Marca.  

          Siamo arrivati subito e l’esame di Maude ha mostrato che mancavano molte ore prima del parto. Maude ha continuato a lavorare in silenzio, preparando le cose e osservando.
          Alla luce dell’alba si è presa il tempo per visitare un altro paziente. È tornata, poi ancora osservazione e attesa, poi un altro rapido giro, e finalmente il bambino è nato. Maude stava in piedi alla finestra con una Coca, così sfinita, ma dalla scorsa notte non aveva mangiato nulla…?
          E poi di nuovo, alla sua casa e clinica, di fronte alla quale c’erano 377 persone in attesa del loro annuale vaccino contro il tifo. Celando la spossatezza dietro alla pazienza e all’efficienza di sempre, in un’ora e mezza ha condotto i 377 che urlavano, piangevano, straparlavano, ridevano, attraverso l’intero procedimento. Poi deve andare ancora a verificare la paziente e il bambino appena nato, e poi ancora e ancora…
          (…) Sono passate diverse ore, prima serata inoltrata. Maude, nella sua instabilità barcollante, esausta, continua con la sua routine di pazienti con problemi insignificanti. Non gli manca mai di rispetto relegandoli nell’irrilevanza che alcuni meriterebbero. Maude, per Dio, farai una pausa? Risposta: «Non sono stanca, davvero».
          Mi scappano delle lacrime, profonde e calde. Nessuna storia può tradurre adeguatamente l’umanità del mio soggetto, questa donna splendida, paziente e con spirito di iniziativa – e io la amo, la amo con un rispetto che non provo per quasi nessun’altro. Mi sento umile di fronte a questa semplice, complessa, positiva magnificenza; ancora e ancora nei suoi turni, da lei stessa stabiliti oltre il lavoro pagato. Sono importanti le persone, anche quando fanno richieste insensate. Comprendere questo rende l’insensatezza meno insensata e più comprensibile.
          Questa storia sarà una bella storia, e sarà un fallimento. Basterà? È impossibile dire abbastanza. Vorrei poterla scrivere, vorrei poterla raccontare fotograficamente. La routine monotona è colma di pathos, se messa in relazione con il donare disinteressato di questa grande persona.
          (…) Ammettilo; non puoi ammettere, Maude, che sei stanca morta? Forse non può ammetterlo, specialmente a se stessa, perché significherebbe una sconfitta, e questa ripetuta bugia finisce per convincerla di averla vinta.
          «Non sono stanca. Jennie mi aspetta. Quattro bambini da quattro uomini diversi, non è una disgraziata?, ma la ragazza è incinta quindi ci sono due vite in ballo».
          Le vite sono in ballo, le vite, le vite.

W. Eugene Smith

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