Rivista per le Medical Humanities

Si tratta di uno «spazio espositivo» che arricchisce mediante illustrazioni ogni numero della rivista. Troverete pubblicati in questa sezione solo una fotografia di ciascun autore e il commento alle immagini proposte all'interno del numero. La pubblicazione integrale del portfolio la riserviamo, infatti, ai lettori e agli abbonati della versione cartacea della nostra rivista.

nota di Matteo Terzaghi

Fotografia di Roberto Donetta



(Si veda in proposito l’intervista
di Sandro Bianconi a
Mariarosa Bozzini in: Roberto
Donetta, L’arte del rendere
visibile
, Fondazione Archivio
Donetta, Corzoneso, 2007).  

          Qualche settimana fa ho accompagnato Bruno Monguzzi alla Casa Rotonda di Corzoneso, Valle di Blenio, Cantone Ticino. È la casa in cui è vissuto e ha lavorato il fotografo Roberto Donetta intorno al 1930, durante gli ultimi, difficili anni della sua vita, e che ospita oggi l’archivio a lui intestato, un fondo di 5000 lastre e 600 stampe originali. Mi piacerebbe raccontare la storia della riscoperta di Donetta, se non altro per gratitudine nei confronti di coloro che l’hanno resa possibile, ma il poco spazio a disposizione mi suggerisce di venire subito al dunque.
          Eravamo a Corzoneso per scegliere le fotografie da pubblicare in questo numero della rivista, dedicato, in parte, al tema della nostalgia. Pensando alla nostalgia, Monguzzi aveva avuto l’idea di andare a guardare la sezione del lavoro di Donetta rubricata come «fotografie di fotografie». Duplicare fotografie di cui non si possedeva il negativo era una delle mansioni dei fotografi di quegli anni, e anche Donetta prestava questo servizio, seppure con mezzi tecnici limitati. L’idea non era quindi di cercare la nostalgia nelle fotografie di Donetta, ma di riflettere sulla fotografia, e in particolar modo sul ritratto, in quanto dispositivo posto al servizio della nostalgia. La foto di famiglia che l’emigrante infila nella valigia prima di partire; le foto dei promessi sposi che si incrociano negli uffici postali, in buste chiuse; la foto qui riprodotta di tre presunti valligiani attivi forse a Londra come camerieri, e che, tenendosi per mano, lanciano il loro messaggio: tutte immagini che bruciano le distanze alla ricerca di un ricongiungimento ideale, a volte addirittura post mortem.
          Lo spunto era tanto più interessante in quanto per eseguire questi lavori di duplicazione Donetta, che probabilmente non disponeva sempre dell’obiettivo adeguato, doveva tenere gli originali a una certa distanza, e la distanza, o meglio la lontananza, è un elemento costitutivo della nostalgia.
          Ora, visionando quella che va comunque considerata un’appendice dell’opera fotografica di Donetta, ci siamo accorti che non di rado queste fotografie di fotografie esulano dai limiti della semplice commessa e si spingono verso la pura ricerca fotografica. La qualità di certe composizioni, la varietà degli allestimenti e lo studio delle varianti non lasciano dubbi, senza contare che Donetta ha fotografato anche fotografie di cui possedeva il negativo perché ne era l’autore (lastre tuttora presenti nell’archivio). Certo, a volte era previsto l’uso di mascherine o passepartout che cancellassero le mollette e i chiodi adoperati per fissare la foto da riprodurre, le frange degli scontorni, i frammenti di tipografia aggiunti per facilitare la messa a fuoco, ma è evidente che, come nel caso dei suoi ritratti con fondali poveri, Donetta si interessava anche alle parti destinate a rimanere nascoste: si direbbe che il suo senso della composizione non gli permettesse di trascurare i contorni e avesse per così dire un occhio assoluto.
          Va poi notato che le immagini inquadrate hanno un rilievo particolare anche nella sua opera maggiore, sia come soggetti che come elementi della composizione. La celebre «Veglia funebre» con i figli attorno alla salma del vecchio padre è centrata su un quadro appeso alla parete di fondo (in cui oltretutto sono inserite due fotografie), e questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare.
          Dopo un’intera giornata trascorsa a guardare fotografie inedite di Donetta (quelle qui pubblicate sono tutte inedite), siamo ripartiti ancora più ammirati del lavoro di questo grande fotografo, isolato e quindi difficile da inquadrare sullo sfondo della storia culturale europea (lui che aveva un talento innato per l’inquadratura e gli sfondi!), la cui reale statura artistica, a noi sembra, non è ancora stata pienamente riconosciuta.  

Matteo Terzaghi

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